L'Esame di Stato torna a chiamarsi Maturità: il dibattito tra politica, sindacati ed esperti

L'Esame di Stato torna a chiamarsi Maturità: il dibattito tra politica, sindacati ed esperti

La Commissione Cultura del Senato ha ripreso l'esame della legge di conversione del decreto sulla revisione dell'esame di Stato, dopo una serie di audizioni.
L'Esame di Stato torna a chiamarsi Maturità: il dibattito tra politica, sindacati ed esperti

La Commissione Cultura del Senato ha ripreso l’esame della legge di conversione del decreto sulla revisione dell’esame di Stato, dopo una serie di audizioni che hanno animato il dibattito parlamentare. La modifica più significativa riguarda la ridenominazione dell’esame, che abbandona la dicitura “esame di Stato” per tornare alla tradizionale “esame di maturità”.

Questa scelta rappresenta un cambio di paradigma che sposta l’attenzione dalla dimensione istituzionale a quella formativa, ponendo l’accento sulla valutazione del grado di maturazione personale degli studenti oltre alla verifica delle competenze disciplinari.

I pareri istituzionali e sindacali

L’Associazione Nazionale Presidi ha espresso sostegno alla ridenominazione, sottolineando come il cambiamento terminologico riaffermi la vocazione formativa dell’esame conclusivo del secondo ciclo. Secondo l’ANP, la nuova denominazione pone l’accento sulla valutazione del grado di maturazione personale degli studenti e sulla funzione orientativa per le scelte post-diploma.

La Uil-Scuola ha accolto positivamente il principio secondo cui l’esame debba valutare non solo conoscenze e competenze, ma anche maturazione personale, autonomia e responsabilità dell’alunno. All’opposto, la Flc-Cgil ritiene che il ritorno al termine “maturità” riduca il valore istituzionale e nazionale della prova, con il rischio di mettere in discussione il valore legale del titolo di studio.

La Cisl-Scuola ha evidenziato le difficoltà nell’operazione di rilevare e valutare la maturità di un soggetto, considerandola problematica in un esame più connotato in senso disciplinare.

Gli interventi degli esperti accademici

Il dibattito ha visto contributi significativi dal mondo accademico. Cristiano Corsini, docente di pedagogia sperimentale all’Università di Roma Tre, ha espresso preoccupazioni metodologiche, evidenziando che “la ridenominazione di esame di Maturità rischia, in assenza di solide fondamenta metodologiche, di contraddire gli orientamenti più recenti in materia di competenze, di individualizzazione e di valorizzazione delle specificità individuali”.

Di segno opposto l’intervento della pedagogista Loredana Perla, coordinatrice della Commissione per le Nuove Indicazioni nazionali del primo ciclo, che sostiene come il termine “riflette il cambio di paradigma nella concezione dell’esame stesso”, ampliando le finalità valutative oltre le competenze disciplinari per includere “maturazione personale, autonomia e responsabilità acquisiti dai candidati”.

La prospettiva delle associazioni e le implicazioni procedurali

L’associazione Proteo Fare Sapere, guidata dal pedagogista Massimo Baldacci, ha sollevato questioni significative riguardo l’obbligatorietà della prova orale. Secondo l’organizzazione, rendere formalmente obbligatoria questa prova non comporta cambiamenti sostanziali, poiché attualmente gli studenti che non si presentano all’orale già non superano l’esame.

L’associazione evidenzia come tale formulazione sembri motivata dall’intento di prevenire forme di dissenso, che potrebbero comunque manifestarsi diversamente, vanificando l’approccio punitivo del provvedimento. Proteo critica l’irrigidimento del sistema come strumento per reprimere il dissenso, ritenendolo incompatibile con il dialogo necessario nelle comunità educative.

Dal punto di vista giuridico, emerge una preoccupazione specifica: l’uso dell’avverbio “regolarmente” presenta contorni indefiniti che potrebbero generare contenziosi e interpretazioni arbitrarie nelle procedure d’esame.

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