La fragilità emotiva degli adolescenti rappresenta oggi una sfida quotidiana per la scuola italiana. Come può un insegnante restituire autostima e coraggio a studenti in difficoltà, scoraggiati e privi di prospettive?
Secondo quanto riportato da La Repubblica, la risposta è più semplice di quanto si pensi. Lo scrittore Daniel Pennac, nel suo Diario di scuola, descrive efficacemente questo universo interiore con l’immagine della “cipolla”: gli studenti che “vanno male” non arrivano mai soli in classe, ma portano con sé “svariati strati di magone, paura, preoccupazione, rancore, rabbia, desideri insoddisfatti, rinunce furibonde accumulati su un substrato di passato disonorevole, di presente minaccioso, di futuro precluso”.
Eppure, sostiene Pennac, “spesso basta solo uno sguardo, una frase benevola, la parola di un adulto, fiduciosa, chiara ed equilibrata, per dissolvere quei magoni, alleviare quegli animi”.
L’esperienza di Mario Varrella, docente di religione all’ITIS Giovanni XXIII di Roma, conferma questa intuizione. Il suo approccio dimostra come il contrasto tra l’ideale sociale di “impeccabilità” e il riconoscimento autentico della fragilità possa trasformarsi in leva educativa.
La prassi didattica di ‘O Professor’ Varrella tra aula e TikTok
Mario Varrella, classe 1994, insegna religione all’ITIS Giovanni XXIII di Roma. Napoletano di adozione romana, ha costruito un ponte comunicativo tra cattedra e piattaforme digitali che raggiunge quasi due milioni di like su TikTok. La sua prassi didattica si articola su due fronti complementari: l’incontro quotidiano in aula e la condivisione di contenuti educativi sui social.
Nei suoi video racconta la fragilità come risorsa anziché limite, smontando il mito della perfezione che paralizza molti adolescenti. «Fragilità rimanda a qualcosa da maneggiare con cura», spiega, distinguendola nettamente dalla debolezza. Questa prospettiva attraversa sia le lezioni tradizionali sia i contenuti digitali, creando continuità tra spazi fisici e virtuali.
La missione dichiarata è fornire strumenti di consapevolezza per affrontare gli anni della formazione senza cadere nella trappola dell’impeccabilità, quella «malattia dell’anima» che contagia giovani e adulti. L’azione educativa si sostiene reciprocamente: l’autenticità in classe alimenta i contenuti social, mentre il riscontro della rete rafforza la relazione con gli studenti.
Recentemente ha pubblicato il romanzo “La scuola brucia” per Piemme edizioni, estendendo ulteriormente il raggio d’azione della sua riflessione pedagogica.
Le testimonianze: lo scatto nato da un “buongiorno”
Durante la trasmissione “Di buon mattino” su TV2000, gli studenti di Varrella hanno condiviso un episodio apparentemente ordinario ma dal forte impatto emotivo. Una ragazza ha raccontato che, al primo ingresso in classe, il professore li aveva accolti con un semplice “Buongiorno ragazzi, come state?”. Quella domanda, lungi dall’essere un automatismo retorico, è stata percepita come manifestazione di un interesse autentico a stabilire un contatto personale.
L’effetto sugli studenti è stato immediato: hanno avvertito quella frase come un’apertura relazionale sincera, capace di generare uno “scatto inatteso” tra i banchi. La sensazione di essere visti e considerati come persone, prima ancora che come alunni, ha innescato una dinamica di fiducia reciproca che ha attraversato l’intero percorso didattico.
Sono stati proprio gli studenti a sollecitare Varrella affinché condividesse su TikTok alcuni momenti delle loro lezioni. L’obiettivo: permettere che quelle parole, così valorizzanti per loro, potessero raggiungere migliaia di altri ragazzi oltre le mura scolastiche. La testimonianza è emersa in concomitanza con l’uscita del primo libro del docente, “La bellezza della fragilità”, confermando la coerenza tra prassi quotidiana e riflessione pedagogica pubblica.
I social come piazza: dalla demonizzazione all’uso consapevole
L’esperienza di Mario Varrella riporta al centro del dibattito il ruolo dei social network nella sfera educativa. Secondo quanto emerso dalla trasmissione televisiva, le piattaforme digitali non vanno considerate esclusivamente strumenti da demonizzare, bensì canali di comunicazione capaci di funzionare come una nuova piazza in cui dialogare e confrontarsi.
Gli studenti stessi hanno chiesto al docente di condividere su TikTok stralci delle lezioni, dimostrando la consapevolezza che contenuti educativi di qualità possano superare le mura scolastiche e raggiungere migliaia di altri giovani. Il caso analizzato suggerisce che un uso intenzionale e responsabile delle piattaforme digitali possa estendere la portata educativa, trasformando i social da potenziale distrazione a risorsa per la crescita personale e collettiva degli adolescenti.