Pnrr, oltre 12mila ricercatori assunti: università a rischio senza misure strutturali

Pnrr, oltre 12mila ricercatori assunti: università a rischio senza misure strutturali

Il Cnr analizza l'impatto del Pnrr sulla ricerca italiana: 12mila nuove assunzioni di ricercatori, ma rischi concreti per la sostenibilità occupazionale post-fondi.
Pnrr, oltre 12mila ricercatori assunti: università a rischio senza misure strutturali
Il Cnr analizza l'impatto del Pnrr sulla ricerca italiana: 12mila nuove assunzioni di ricercatori, ma rischi concreti per la sostenibilità occupazionale post-fondi.

La quinta relazione del Cnr sulla ricerca e l’innovazione in Italia costituisce un documento di riferimento per analizzare lo stato del sistema scientifico nazionale. Redatta con il contributo di Andrea Lenzi, Mario Paolucci, Elena Ragazzi e Fabrizio Tuzi, la relazione offre un quadro a luci e ombre: capacità di intercettare bandi europei, compresi programmi ERC, ma difficoltà nell’attrarre ricercatori senior e persistenti divari territoriali.

Il report afferma la necessità di strategie strutturali per consolidare i risultati raggiunti a medio termine.

L’effetto Pnrr sul reclutamento

Il Pnrr ha destinato 8,5 miliardi alla sottomissione 2 della Missione 4 “Dalla ricerca all’impresa”, di cui risultava rendicontato il 44% a maggio 2025. I fondi sono stati impiegati principalmente per il personale (60%), determinando oltre 12.000 nuove assunzioni di ricercatori, con una composizione per genere del 47% donne.

L’intervento mirava a rafforzare il trasferimento tecnologico tra università, enti di ricerca e imprese, ma il rapporto sottolinea la necessità di misure per consolidare questi risultati e garantire continuità occupazionale immediata.

La sostenibilità occupazionale post-Pnrr

La relazione sottolinea un rischio concreto per la sostenibilità occupazionale dopo il Pnrr: non sono state previste misure strutturali per trasformare le assunzioni temporanee in opportunità stabili, rendendo incerto il consolidamento dei risultati.

A peggiorare il quadro c’è la domanda relativamente debole dell’industria nazionale per competenze di alto livello, che riduce le prospettive di assorbimento nel mercato privato e aumenta il rischio di precariato. Il rapporto richiede interventi urgenti subito.

L’accademia e il mercato del lavoro

L’accademia italiana, secondo l’Area Studi Mediobanca nel rapporto Cnr, mostra un distacco netto dai partner europei: spesa pubblica per la formazione inferiore alla media Ue, corpo docente invecchiato, basso numero di laureati e scarsa attrattività internazionale.

Questi elementi, insieme al calo demografico e alla fuga di cervelli verso l’estero, aumentano il rischio di insostenibilità del sistema universitario e ne riducono la capacità di rispondere alle esigenze del mercato del lavoro.

Il trasferimento tecnologico e i brevetti

Il rapporto analizza il trasferimento tecnologico attraverso i brevetti Uspto (2002‑2022) e colloca l’Italia in posizione intermedia nella competizione globale. I brevetti sono concentrati nei settori manifatturieri tradizionali — meccanica, trasporti, ingegneria industriale — mentre risultano carenti innovazioni nelle tecnologie emergenti, in particolare digitale, biotech e intelligenza artificiale, con rischi per la competitività con scarsa capacità di trasferimento industriale immediato.

Le criticità: attrazione dei cervelli senior e valutazione della ricerca

Il rapporto segnala bassa incidenza di grant senior ERC e forte concentrazione geografica dei progetti. Sottolinea criticità di ASN e VQR e incerte riforme: Ddl alla Camera e riorganizzazione Anvur.

Le disuguaglianze territoriali e di genere

Il rapporto evidenzia forti disuguaglianze territoriali, con finanziamenti e attività concentrati nelle aree più avanzate, e un miglioramento del gender gap: 41,3% donne come Principal Investigator, ancora gap nelle STEM.

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