Il workshop “Spopolamento, migrazioni e genere”, promosso da Fondazione Giacomo Brodolini e Svimez con il supporto di Save the Children, ha evidenziato un quadro demografico preoccupante per l’Italia. Nel periodo 2014-2024 il Paese ha registrato una perdita di 1,4 milioni di abitanti, con il Mezzogiorno particolarmente colpito dal fenomeno (-918.000 persone).
Il saldo naturale negativo del -3,8‰ viene compensato solo parzialmente dai flussi migratori (+1,5‰), mentre crescono esclusivamente alcune province del Nord come Bolzano, Trento e regioni quali Emilia-Romagna e Lombardia.
La perdita degli alunni nella scuola primaria
Le previsioni per il 2035 delineano uno scenario critico per il sistema scolastico italiano: la scuola primaria perderà oltre mezzo milione di alunni, con il Sud che pagherà il prezzo più alto registrando quasi 200mila iscritti in meno.
I dati regionali evidenziano una situazione particolarmente drammatica in Sardegna, che vedrà una riduzione del 35% degli studenti, seguita da Abruzzo (-25,8%), Molise (-23,6%), Basilicata (-23,5%) e Puglia (-23,3%). Questo calo massiccio riflette direttamente l’impatto del declino demografico sulle strutture educative territoriali.
Le dinamiche territoriali e le chiusure scolastiche
Il fenomeno dello spopolamento demografico sta generando conseguenze dirette sulla sostenibilità delle infrastrutture educative locali. Attualmente circa 3mila comuni italiani rischiano la chiusura della loro unica scuola primaria, con quasi la metà di questi situati nel Mezzogiorno.
La concentrazione del problema nelle regioni meridionali è amplificata dai saldi negativi della mobilità interna: nel 2024 oltre 52mila meridionali si sono trasferiti al Centro-Nord, con il 55% di età compresa tra 25 e 34 anni. Questo esodo compromette il ricambio generazionale necessario per mantenere attive le comunità scolastiche locali, creando un circolo vizioso che accelera l’abbandono territoriale e l’impoverimento dei servizi educativi di prossimità.
Gli spostamenti migratori e il debito generazionale
Il fenomeno migratorio giovanile rappresenta una delle conseguenze più gravi del calo demografico italiano. Tra il 2019 e il 2023, ben 88mila giovani laureati di età compresa tra i 25 e i 34 anni hanno lasciato l’Italia, a fronte di soli 77mila giovani laureati stranieri che hanno scelto di trasferirsi nel nostro Paese.
Questo saldo negativo di oltre 10mila unità evidenzia una preoccupante fuga di cervelli che impoverisce il capitale umano nazionale.
La situazione diventa particolarmente critica nel Mezzogiorno, dove nel 2024 circa 52mila meridionali si sono trasferiti al Centro-Nord. Di questi, oltre il 55% appartiene alla fascia d’età 25-34 anni, proprio quella più produttiva e innovativa. La mobilità interna negativa al Sud aggrava ulteriormente il quadro demografico, creando un circolo vizioso che indebolisce il ricambio generazionale e compromette le prospettive di sviluppo territoriale.