Santiago de Compostela con Terzani: i simboli del pellegrinaggio e un salto a Finisterre - Studentville

Santiago de Compostela con Terzani: i simboli del pellegrinaggio e un salto a Finisterre


L’investitura e i simboli che venivano consegnati ai pellegrini all’inizio del cammino verso Santiago de Compostela sono sempre stati la parte per me più affascinante di questo pellegrinaggio: per questo ho deciso di vestirmi come loro per affrontare gli 840 km che mi trovo davanti.

In questo modo, con una veste corta che mi permette il cammino, un cappello a falde larghe per ripararmi dalla pioggia, ma anche dal sole e dal vento, una cappa per proteggermi dal freddo, mi sento davvero ‘l’homo viator’ del Medioevo, quello che viaggiava a piedi perché era il modo più virtuoso di viaggiare.

“Ricevi questa bisaccia, attributo del tuo pellegrinaggio affinché, purificato ed emendato, ti affretti ad arrivare ai piedi di San Giacomo dove hai desiderio di arrivare e, compiuto il tuo viaggio, torni a noi sano e salvo con grande gioia, se così vorrà Dio che vive e regna nei secoli dei secoli”.

Foto | Roberta Barbi e Flickr

Santiago de Compostela curiosa

La mia bisaccia è fatta di pelle ed è piccola, perché deve ricordarmi che ho bisogno di portare con me poche cose lungo il cammino.

“Ricevi questo bastone, per sostegno nel viaggio e nella fatica sulla strada del tuo pellegrinaggio affinché ti serva a battere chiunque ti vorrà far del male e ti faccia arrivare tranquillo ai piedi di San Giacomo e, compiuto il tuo viaggio, tu possa tornare da noi con grande gioia, con l’aiuto di Dio stesso, che vive e regna nei secoli dei secoli”.

Il bastone, chiamato secondo la tradizione ‘bordone’, serve ad appoggiarsi quando si è stanchi, ma anche a farsi strada e a scacciare gli animali selvatici in situazioni di pericolo.

Poi c’è la borraccia, ricavata all’interno di una zucca e da appendere al bordone: ovvio il suo utilizzo. Su quelle che si trovano oggi, simili a quelle medievali, è raffigurato un pellegrino nella sua veste tipica, con tanto di mantello, gonnella, calzari e bastone dalla punta ferrata.

Ma sarà buona norma portare con sé anche una mappa, l’antica ‘Tabula Peutingeriana’: una delle più vecchie esistenti, in cui sono riportate le strade carrozzabili e le istruzioni che il pellegrino doveva seguire. Risale al 1838, quando la ferrovia era ancora agli albori e per mare si andava sui velieri a vapore. Vi sono indicati anche i posti di dogana e di pagamento delle gabelle, i servizi di stallo, la disponibilità a trovare cavalli e i punti di valico delle montagne.

Ma vero simbolo del pellegrino diretto a Santiago è la conchiglia: segno di vita e di rinascita, di purificazione (viene usata per versare l’acqua santa durante il Battesimo), ma anche utile strumento per bere durante il cammino. Pare che il suo uso derivi dagli antichi pellegrini che si cibavano di capesante e molluschi, conservandone poi il guscio.

Ma in merito c’è anche una leggenda: Teodosio e Attanasio, due discepoli di San Giacomo, mentre portavano le spoglie del Santo in Galizia, si fermarono a Bouzas per celebrare un matrimonio. Durante le nozze, il cavallo dello sposo inciampò e cadde in acqua. La gente già piangeva la loro morte quando sposo e cavallo emersero all’improvviso con il corpo interamente tappezzato di conchiglie, accanto alla barca che trasportava il Santo. Tutti vi riconobbero un miracolo di San Giacomo, e così si assunse la conchiglia come simbolo del pellegrinaggio.

Spesso sulla conchiglia si trova raffigurata anche la croce di San Giacomo: di fatto è una spada rovesciata con il lato lungo che ricorda la lama e quello corto che rappresenta l’impugnatura. La si può conficcare nel terreno durante il cammino e utilizzarla come croce davanti alla quale pregare. San Giacomo divenne il protettore delle milizie cristiane e pare sia apparso molte volte ai soldati per incitarli alla vittoria.

Un altro simbolo, sono diventate, di fatto, le frecce gialle usate per indicare il cammino: il primo a tracciarle fu nel 1984 don Elías Valiña, parroco del Cebreiro, con della vernice avanzata da alcuni lavori stradali. Ora sono conosciute in tutto il mondo e ritenute inconfondibili, almeno per chi ha percorso il cammino almeno una volta.

E poi ho deciso di portare con me anche un’icona di San Giacomo, in cui l’Apostolo di Gesù, nelle sue vesti di pellegrino, viene raffigurato simile a Cristo nella sua fisionomia, dopo che Lui lo aveva investito della particolare missione di vivere insieme la Trasfigurazione del Signore e l’agonia nel Getsemani.

Il Santiago in questione ha la tunica verde come le discese dai Pirenei all’inizio del cammino, ha il clavo, o mantello, dorato, simbolo di regalità, perché è re chiunque accoglie un pellegrino: accoglie Cristo stesso. Il manto rosso simboleggia la forza del Santo nella sua predicazione, il colore del sangue che non ha esitato a versare per portare ovunque il Vangelo.

Poi ha con sé cappello e bisaccia marroni, colore della madre terra che ci ospita e ci sostiene con i suoi frutti, e alla quale ritorneremo alla fine di ben altro cammino, quello terreno; la borraccia fatta con la zucca gialla, colore della meseta arsa dal sole d’estate, il bordone, la conchiglia e il Libro, la Parola, essenza stessa dell’essere, con sopra raffigurata la croce-spada.

L’antica via dei pellegrini si fermava a Finisterre e così decido che terminerà lì anche la mia. Attraverso Negreira e Olveiroa con i loro granai e palazzi del cotone, sono circa altri 80 km che culminano negli ultimi 3 di salita verso il Capo di Finisterre, dove finiva la terra e, secondo i Celti, le anime si imbarcavano verso l’aldilà, essendo considerato il punto più a ovest del mondo.

Qui si trovano un faro e le ultime colonnine con le insegne del cammino, e uno scarpone che segna la fine del percorso prima della scogliera, prima dell’oceano, prima dell’orizzonte.

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