Licet enim Epicuro concedenti omne enuntiatum aut verum aut falsum esse non vereri, ne omnia fato fieri sit
necesse; non enim aeternis causis naturae necessitate manantibus verum est id, quod ita enuntiatur: ‘Descendit in Academiam
Carneades’, nec tamen sine causis, sed interest inter causas fortuito antegressas et inter causas cohibentis in se
efficientiam naturalem. Ita et semper verum fuit ‘Morietur Epicurus, cum duo et septuaginta annos vixerit, archonte
Pytharato’, neque tamen erant causae fatales, cur ita accideret, sed, quod ita cecidit, certe casurum sicut cecidit
fuit.
Versione tradotta
In realtà Epicuro può benissimo concedere che ogni
enunciato sia o vero o falso senza temere che per questo sia necessario che tutto accada a causa del fato; infatti
l'enunciato «Carneade viene in Accademia» non è vero in forza di cause eterne derivanti da una necessità di natura, e
tuttavia non è senza cause; ma vi è differenza fra cause casualmente antecedenti e cause che hanno in sé la necessità della
legge naturale. Così è sempre stato vero che «Epicuro morirà dopo aver vissuto anni sotto l'arcontato di Pitarato», e
tuttavia non vi erano cause fatali perché questo accadesse; ma quel che è già accaduto, doveva certo accadere come è
accaduto.
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