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Università, concorsi truccati: tutta la storia

Università, concorsi truccati: tutta la storia

Concorsi truccati all’Università: la cronaca delle indagini

In queste ultime ore il mondo accademico trema e vacilla: sono 7 i professori arrestati per corruzione per aver alterato e truccato i concorsi universitari. Altri 22 sono stati interdetti dalle funzioni di professore universitario e da quelle connesse a ogni altro incarico accademico per la durata di 12 mesi. L’accusa è gravissima, ma nessuno è risultato sorpreso da questa attitudine tutta italiana di agevolare manovrine per l’ avanzamento di carriera universitaria. Ma andiamo con ordine: ecco la cronaca.

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L’operazione “Chiamata alle Armi” eseguita dalla Guardia di Finanza di Firenze ha evidenziato un sistema corrotto e fallace basato su regole (se così si possono chiamare) assurde e accettate dalla gran parte dei ricercatori, anche esclusi, ma non da tutti. Le indagini e le intercettazioni sono parteite dalla denuncia di un ricercatore dell’Università di Firenze che non ha più voluto far parte del sistema e subire in silenzio e sono state rivolte a tutto il territorio nazionale. A farne le spese 59 i docenti, indagati per reato di corruzione, tra cui anche l’ex ministro Augusto Fantozzi che rischia l’interdizione dalla professione di docente. Ai domiciliari sono finiti Fabrizio Amatucci, docente alla Federico II di Napoli, Giuseppe Maria Cipolla (Università di Cassino), Adriano di Pietro (Università di Bologna), Alessandro Giovannini (Università di Siena), Valerio Ficari (Università di Roma 2), Giuseppe Zizzo (Università Carlo Cattaneo di Castellanza, Varese), Guglielmo Fransoni (Università di Foggia).

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L’operazione della Guardia di Finanza di Firenze è iniziata a seguito della denuncia di un ricercatore universitario dell’ateneo fiorentino, vessato da alcuni professori per favorire un allievo meno meritevole. Il ricercatore era stato indotto senza mezzi termini a ritirare la propria candidatura al concorso per l’abilitazione scientifica nazionale dell’insegnamento nel settore del diritto tributario. Come hanno dichiarato gli investigatori della Guardia di Finanza, il candidato non doveva partecipare per “favorire un terzo soggetto in possesso di un profilo curriculare notevolmente inferiore, promettendogli che si sarebbero adoperati con la competente commissione giudicatrice per la sua abilitazione in una successiva tornata”. Lui non ha abbassato la testa, non ha accettato e si è ribellato ad una consuetudine fin troppo presente all’interno degli atenei italiani e ha denunciato il fatto alla Procura di Firenze.

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Dopo questa denuncia sono quindi partite le indagini che hanno sgominato una fitta rete di clientelismo e di connivenza portata avanti in questo singolo caso dai docenti di diritto tributario di molte università italiane. In particolare sono finiti sotto l’occhio del ciclone i concorsi per l’abilitazione scientifica nazionale all’insegnamento nel settore del diritto tributario  del 2012 e del 2013 (anno che corrisponde al caso denunciato). Inoltre, al di là di questi casi circoscritti, le indagini hanno rivelato una fitta rete di accordi, clientele, corruzione che si basa su logiche di scambi di favori per soddisfare interessi personali o professionali ma non meritocratici. Il sistema che ne esce fuori è risultato del modus operandi di alcuni professori che alteravano e aggiravano le regole per agevolare chi gli faceva comodo. L’aggravante è che molti di questi docenti ricopre la carica di pubblico ufficiale in diverse commissioni nazionali (nominate dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca). In sostanza, il quadro che risulta chiaro dalle indagini ormai è che in Italia i concorsi sono una sorta di farsa dove prima si sceglie il vincitore, poi si bandisce un concorso su misura per farlo vincere.

 

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