Hanc Epicurus rationem induxit ob eam rem, quod veritus est, ne, si semper atomus
gravitate ferretur naturali ac necessaria, nihil liberum nobis esset, cum ita moveretur animus, ut atomorum motu cogeretur. Id
Democritus, auctor atomorum, accipere maluit, necessitate omnia fieri, quam a corporibus individuis naturalis motus avellere.
Acutius Carneades, qui docebat posse Epicureos suam causam sine hac commenticia declinatione defendere. Nam cum docerent esse
posse quendam animi motum voluntarium, id fuit defendi melius quam introducere declinationem, cuius praesertim causam reperire
non possent; quo defenso facile Chrysippo possent resistere. Cum enim concessissent motum nullum esse sine causa, non
concederent omnia, quae fierent, fieri causis antecedentibus; voluntatis enim nostrae non esse causas externas et
antecedentis.
Versione tradotta
Ma Epicuro crede di evitare la necessità del fato con la teoria della declinazione dell'atomo. E così
ecco che spunta fuori un terzo moto, oltre a quelli causati dal peso e dall'urto, per cui l'atomo si allontana dalla sua
traiettoria secondo un «minimo», che lui chiama elachiston. E anche se non lo dice esplicitamente, in pratica è costretto ad
ammettere che questa deviazione avvenga senza causa. Infatti l'atomo non devia perché è colpito da un altro atomo: infatti,
in che modo gli atomi potrebbero colpirsi, se sono tutti trascinati verso il basso, in linea retta, dalla gravità, come
sostiene Epicuro? Se non si colpiscono mai, è evidente che non possono neppure toccarsi. Se ne evince quindi che, se l'atomo
esiste e devia, devia senza causa.
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